David Foster Wallace, Oblio

Otto superbi romanzi brevi, l’opera estrema dell’ultimo grande talento della letteratura americana.
Un libro che ci mette davanti agli occhi il corpo martoriato, eppure incredibilmente normale, della nostra società. Oblio consacra David Foster Wallace, e lo conferma come lo scrittore che piú di ogni altro ha ereditato il culto e l’aura di Salinger e Pynchon. Appartato, schivo, refrattario a esibirsi, egli incarna oggi lo scrittore «totale», per il quale la letteratura è l’unico vero fine dell’esistenza. Apparso dopo anni di silenzio, questo libro è stato salutato negli Usa come l’evento letterario del 2004.

I personaggi sono caratterizzati dalla paura e la nevrosi, e non hanno tra le loro possibili difese l’ironia di cui si fa schermo l’autore, che sembra suggerire nelle sue storie l’affermazione di Schopenhauer secondo cui “la vita è un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore”. “Sono d’accordo con il riferimento a Schopenhauer”, racconta Foster Wallace in un intervallo delle lezioni universitarie a cui dedica ormai buona parte del proprio tempo, “ma dobbiamo approfondire cosa intenda realmente per noia. Io ritengo che si tratti di un fenomeno estremamente interessante, e che esistano molti tipi di noia, che vanno dall’impazienza a un tipo profondo di disperazione cronica che deforma il proprio rapporto con l’esistenza. Lo stesso si può affermare per il concetto di dolore. Penso che ce ne siano alcuni tipi che arrechino persino piacere, o quanto meno è certo che gli esseri umani cerchino e godano di alcuni tipi di dolore. Se io provenissi da un altro paese, noterei come in America siano tutti terrorizzati sia riguardo alla noia che al dolore. Ma gran parte degli elementi più significativi dell’esistenza hanno a che fare con entrambi gli stati d’animo.

Wallace nasce a Ithaca da Donald Wallace e Sally Foster Wallace. Vive fino alla quarta elementare in Illinois, per poi trasferirsi a Urbana, dove fraquenta la Yankee Ridge School. Si laurea all’Amherst College nel 1985 in letteratura inglese e in filosofia, specializzandosi in logica modale e matematica. La sua tesi sulla logica modale viene premiata con Gail Kennedy Memorial Prize. Nel 1987 ottiene un Master of Fine Arts in scrittura creativa alla University of Arizona.
Insegna alla Illinois State University per gran parte degli anni novanta e nell’autunno del 2002 diventa professore di scrittura creativa e letteratura inglese al Pomona College, in California.
La sua prima opera pubblicata è “The Broom of the System” (“La scopa del sistema”), “il romanzo di formazione di un giovane wasp ossessionato da Wittgenstein e Derrida”, che riceve dalla critica un’accoglienza entusiastica.
Considerato il suo capolavoro indiscusso è “Infinite Jest”, del 1996.
Ha scritto anche vari articoli che spaziano fra lo sport, la critica letteraria e il puro reportage di costume con una vena ironica irresistibile, che sono stati raccolti nel 1997 in “A Supposedly Fun Thing I’ll Never Do Again” (“Una cosa divertente che non farò mai più” e “Tennis, tv, trigonometria, tornado”). Molti altri sono stati pubblicati sulle più influenti riviste americane.
Ha scritto anche racconti, pubblicati in rivista, che nel 2004 vengono raccolti in “Oblivion” (“Oblio”). Precedenti raccolte di racconti sono: “Girl with Curious Hair” (“La ragazza dai capelli strani”), “Brief Interviews with Hideous Men” (“Brevi interviste con uomini schifosi”), “Questa è l’acqua” (2009). Ha scritto anche le collezioni di saggi “Considera l’aragosta” (2006) e “Il tennis come esperienza religiosa” (2012).
Nel 2006 Einaudi pubblica il monumentale “Infinite Jest”. Nel 2011 esce l’ultima opera “Il re pallido”.
Il 12 settembre 2008, David Foster Wallace è stato ritrovato impiccato nella sua casa di Claremont dalla moglie Karen Green.

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