Primo romanzo di William Golding, premio Nobel nel 1983, diventa da subito un classico della narrativa distopica. “L’uomo produce il male come le api producono il miele”. È la frase che sottende tutta l’opera. L’uomo non è mite, il mito del buon selvaggio è una pura astrazione. Per sua natura è incline alla violenza, alla lotta e all’omicidio. Con crudele lucidità, Golding racconta la vita di alcuni tra i migliori futuri uomini della classe dirigente britannica, ne analizza paure, debolezze e ansie sullo sfondo di una natura incontaminata e favorevole allo scatenarsi di sentimenti aggressivi.
Terzo conflitto mondiale. I migliori cadetti delle prestigiose scuole inglesi vengono imbarcati su un aereo per essere salvati. Un incidente, però, li costringe ad ammarare su un’isola del Pacifico, vero paradiso terrestre. I ragazzi stabiliscono subito, in modo democratico, tramite una assemblea, come sopravvivere: alcuni costruiscono il riparo per la notte, altri raccolgono la frutta, alcuni devono tenere acceso il fuoco in cima alla montagna e infine altri vanno a caccia. Soli, travolti da istinti primordiali, senza la guida di nessun adulto, si ritrovano sopraffatti dalla violenza e annebbiati dall’odio sviluppando paure irrazionali e comportamenti brutali. L’isola, la bellezza di una natura incontaminata, rivela da subito l’inadeguatezza dell’uomo: anche se giovani, i ragazzi sembrano inclini ad una violenza innata. La ragionevolezza si è trasformata in una caparbia lotta per il potere e in pura lotta per la sopravvivenza.