“Il bordo vertiginoso delle cose”, Gianrico Carofiglio

Un’esistenza imbrigliata in partenza per “quel senso di straniamento che ci prende quando viaggiamo per terre sconosciute e lontane”.

Un caffè al bar, una notizia di cronaca nera sul giornale, un nome che riaffiora dal passato e toglie il respiro. Enrico Vallesi è un uomo tradito dal successo del suo primo romanzo, intrappolato in un destino paradossale, che ha il sapore amaro delle occasioni mancate. Arriva però il giorno in cui sottrarsi al confronto con la memoria non è più possibile. Enrico decide allora di salire su un treno e tornare nella città dove è cresciuto, e dalla quale è scappato molti anni prima.
Comincia in questo modo un avvincente viaggio di riscoperta attraverso i ricordi di un’adolescenza inquieta, in bilico fra rabbia e tenerezza. Un tempo fragile, struggente e violento segnato dall’amore per Celeste, giovane e luminosa supplente di filosofia, e dalla pericolosa attrazione per Salvatore, compagno di classe già adulto ed esperto della vita, anche nei suoi aspetti più feroci. Con una scrittura lieve e tagliente, con un ritmo che non lascia tregua, Gianrico Carofiglio ci guida fra le storie e nella psicologia dei personaggi, indaga le crepe dell’esistenza, evoca, nella banalità del quotidiano, “quel senso di straniamento che ci prende quando viaggiamo per terre sconosciute e lontane”. Romanzo di formazione alla vita e alla violenza, racconto sulla passione per le idee e per le parole, storia d’amore, implacabile riflessione sulla natura sfuggente del successo e del fallimento, “Il bordo vertiginoso delle cose” può essere letto in molti modi…

Recensiona Mauxa.com (Carla Paulazzo):
Un articolo di cronaca nera con una rapina e un morto. Un nome e il passato che torna a galla. Enrico prende il treno per la natìa Bari. È tempo di un viaggio rinviato da anni. Seduto su un treno lindo, si aggrappa a un’idea per un racconto – i profumi legati a certe tappe esistenziali: “Ogni tanto ti capita ancora, di pensare a quelle che potrebbero essere buone idee per dei racconti, o per dei romanzi. Ma passano via quasi subito, senza nemmeno che ti ponga più il problema di annotarle – e infatti non porti più il taccuino, da tanto tempo. Vanno via leggere, queste idee; senza più dolore, senza nemmeno tristezza. Giusto un’ombra di malinconia”. Enrico è un uomo fallito. Ha scritto un’opera prima che si è rivelata un bestseller e, allo stesso tempo, una maledizione. Di libri propri non è riuscito più a scriverne. Invece, ha ripiegato sul mestiere del ghostwriter. Scrivere per altri, gli riesce benissimo. “Per almeno un’ora te ne stai lì senza pensare a niente. Senza chiederti che cosa stai facendo, senza pensare a quello che hai letto sul giornale, senza chiederti cosa ci vai a fare a Bari. Poi a un certo punto, d’un tratto, ti rendi conto che una casa a Bari non ce l’hai più e che ti occorre un posto per dormire”. Ci sarebbe un fratello, ma Enrico preferisce non recargli disturbo. Cerca in rete un Bed and Breakfast. Telefona e prenota: “Quante notti allora, signore? Non lo sai quanti notti. Non sai nemmeno perchè ci stai andando, a Bari. Così pensi in fretta e ti ricordi quante camicie e quanti ricambi di biancheria hai messo nella sacca e dici: quattro. Ti fermi quattro notti”. Enrico è un uomo in balia di una complicata molteplicità del sé.
Carofiglio affida la narrazione del protagonista adulto alla seconda persona singolare. Sono rari i casi letterari affidati al tu – Le mille luci di New York di Jay McInerney e Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Tuttavia l’autore sceglie di farsi contaminare dalla sofferenza del suo protagonista: “Com’era quella frase di Fitzgerald? Nella vera notte buia dell’anima sono sempre le tre del mattino”. Accanto all’adulto, c’è un Enrico ragazzo, connotato al passato. Dall’umiliazione del primo giorno di scuola, in prima elementare, agli anni del liceo ginnasio Orazio Flacco. La rabbia e la fragilità. L’amicizia pericolosa con Salvatore. Poi in una bellissima giornata di un novembre, arriva Celeste Belforte, la supplente di filosofia: “Mi ci volle un secondo per rendermi conto che stavo sorridendo da solo. E credo di essermi innamorato di lei sin da quei primi minuti e anzi in un momento preciso, per un gesto preciso. La professoressa aveva un ciuffo di capelli castani che le scendeva grazioso fin sotto il sopracciglio sinistro. Soffiò l’aria da un angolo della bocca per spostare i capelli dell’occhio, mi spezzò il cuore e poi cominciò a leggere i nostri nomi”. Thomas Mann, Antonio Gramsci, Cesare Pavese, Joseph Conrad, Hermann Hesse, Charles Dickens sono alcuni degli autori chiamati a formare la geografia di citazioni intessuta nella trama. Il bordo vertiginoso delle cose è un romanzo mosso dalla passione per la vita e dall’amore per la letteratura. Lungo la parabola effimera del successo, l’esistenza può cambiare di segno. Il bordo vertiginoso delle cose è, soprattutto, un viaggio che atterra sul verso della poesia di Robert Browning illuminandone, infine, il senso: “a noi preme soltanto il bordo vertiginoso delle cose”, quello connaturato nella capacità di maneggiare parole e idee in direzione dei cambiamenti.

 

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