Lessico famigliare, Natalia Ginzburg

Il romanzo descrive dall’interno la vita quotidiana della famiglia Levi, dominata dalla figura del padre, Giuseppe Levi. Il libro è la cronaca ironico-affettuosa della famiglia dagli anni ’20 ai primi anni ’50, attraverso abitudini, comportamenti e soprattutto la comunicazione linguistica, da cui deriva il titolo. Figure ed eventi si avvicendano nella pagina senza ordine gerarchico e si presentano da sé, vivono attraverso i loro gesti e le loro parole.
Il romanzo ripercorre vicende familiari cronologicamente legate soprattutto all’età fascista e la seconda guerra mondiale, quando vengono evocati l’uccisione del marito dell’autrice, Leone Ginzburg, per attività politica antifascista, la persecuzione degli ebrei, fino ad arrivare al suicidio di Cesare Pavese e alla caduta delle illusioni della Resistenza.

Premio Strega del 1963, “Lessico famigliare” è un lavoro di  scoperta e dichiarata memoria. “Non so se sia il migliore dei miei libri: ma certo è il solo libro che io abbia scritto in stato di assoluta libertà“: così l’autrice ricorda la genesi della propria opera nella prefazione a “Cinque romanzi brevi” del novembre 1964.
Romanzo del ricordo e racconto autobiografico, “Lessico famigliare” ricostruisce, attraverso la voce narrante di Natalia, ultima di cinque figli, le vicende della famiglia ebrea Levi nella Torino tra gli anni Trenta ed i Cinquanta. La rievocazione delle vicende dei propri cari si accompagna alla riproduzione fedele del linguaggio, che è quanto di più intimo nella vita di una famiglia. Così la figura del padre Giuseppe, professore d’anatomia, è ricordata attraverso le sue urla e le sue risa, i fratelli attraverso i loro litigi, la sorella Paola attraverso i primi amori. Il linguaggio, evocativo ed allusivo, diventa lo strumento conoscitivo per ripercorrere esperienze comuni in una giostra che tiene insieme periodi storici differenti, attraverso un continuo gioco di richiami. “Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso” – annota l’autrice nell’avvertenza -“Quando ci incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti, ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte nella nostra infanzia”.
La parola è ricordo ed è quanto basta per mantenere vivi gli affetti al di là del tempo, del dolore e della lontananza: questo il messaggio di un’opera che è molto più di un’autobiografia e diventa paradigma universale. Sullo sfondo avanza la Storia con l’ascesa di Mussolini, le leggi razziali, la lotta antifascista: momenti che per la famiglia Levi hanno significato prigionia, confino, morte, come nel caso del primo marito della scrittrice, recluso e poi ucciso. Tra le figure che hanno fatto parte della vita della famiglia Levi spiccano tanti intellettuali e politici ricordati con naturalezza, tra cui Filippo Turati, Cesare Pavese ed Eugenio Montale, che accompagnava la “zia Drusilla”.

Natalia Ginzburg (1916 – 1991). Formatasi nell’ambiente degli intellettuali antifascisti torinesi, esordì nel 1942 con un racconto lungo, La strada che va in città, uscito, per ragioni razziali, con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte; pubblicò poi altri racconti lunghi (È stato così, 1947; Valentino, seguito da Sagittario, 1957; Le voci della sera, 1961; poi raccolti, con il precedente, in Cinque romanzi brevi, 1964; Famiglia, 1977), alcuni romanzi (Tutti i nostri ieri, 1952; Caro Michele, 1973; La città e la casa, 1984), due volumi fra il saggio e il racconto autobiografico (Le piccole virtù, 1962; Lessico famigliare, 1963) e uno che si colloca invece tra il saggio e il romanzo (La famiglia Manzoni, 1983). La sua narrativa, che per qualche aspetto risente di quella di C. Pavese, mira a rendere con distacco oggettivo una realtà quotidiana, quasi di cronaca, colta nel suo fluire; ed è venuta approfondendo in senso psicologico il proprio campo d’osservazione etico-sociale, che ha al centro una o più figure di donne “sacrificate”, ma accettanti animosamente il loro destino. La Ginzburg scrisse anche per il teatro (Ti ho sposato per allegria, L’inserzione, La segretaria, Paese di mare, ecc., riunite nei voll. Ti ho sposato per allegria e altre commedie, 1966, e Paese di mare, 1973) e pubblicò raccolte di articoli e saggi (Mai devi domandarmi, 1970; Vita immaginaria, 1974). Dopo le Opere (2 voll., 1986-87), sono apparsi la commedia L’intervista (1989) e il breve saggio Serena Cruz e la vera giustizia (1990). Dal 1983 fu deputata della Sinistra indipendente.

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