Pinocchio e l’educazione degli italiani:
Giovanni Belardelli e Dario Biocca
ne discutono con Suzanne Stewart-Steinberg, docente di letteratura comparata (con particolare interesse per la politica e la letteratura italiane e tedesche nel XIX e XX secolo) presso la Brown University (Providence, Rhode Island, USA).
La scrittrice sarà ospite del Circolo dei lettori di Perugia, martedì 21 febbraio alle ore 17,00, presso la Sala Binni della Biblioteca Augusta. L’incontro, organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia e la Fondazione Cassa di Risparmio, verterà sul saggio L’effetto Pinocchio. Italia 1861-1922. La costruzione di una complessa modernità (Elliot), che la scrittrice dedica a un periodo storico della nostra storia compreso fra l’unità d’Italia e l’ascesa del fascismo, durante il quale si costituisce l’assetto politico alla ricerca di una cultura per l’Italia unita.
È un periodo praticamente sconosciuto – scrive l’autrice – vittima di una sorta di inerzia metodologica da parte della critica, tradizionalmente concentrata sul precedente periodo risorgimentale o sul successivo periodo fascista (con qualche eccezione, dovuta in particolare alle storiche del femminismo e di alcuni sociologici della cultura).
L’autrice usa Pinocchio come metafora-guida dell’Italia moderna, intrappolata in una rete complessa fra sottomissioni scelte e servitù richieste da forze esterne. E così esplora i modi di formazione dell’identità nazionale soprattutto analizzando gli scritti di scrittori e scienziati, come lo psicologo Scipio Sighele, Cesare Lombroso, Maria Montessori, Matilde Serao e Edmondo De Amicis.
Pinocchio è un doppio costituito all’incrocio di elementi opposti. Egli è insieme burattino e ragazzo. oggetto e soggetto, macchina e corpo. E, ancora, fabbricato per obbedire ma inguaribilmente indisciplinato, bugiardo ma capace di testimoniare un’esperienza collettiva, plasmabile ma insofferente a ogni vincolo. La sua caratteristica fondamentale è la “scioltezza”, un sorta di elasticità del corpo e della mente che gli impedisce di stare fermo, condannandolo a una perenne agitazione. Per non parlare della sua capacità di metamorfosi, che lo situa a metà tra un personaggio di Kafka e un materiale estetico di Duchamp.
E i burattini, in questo modo, sarebbero un’allegoria dello spirito italiano.