Scrittrici da Nobel. Aperte le votazioni per la discussione di novembre.

Dopo il recente successo di Svjatlana Aleksievič, dedichiamo la discussione ad alcune delle 14 scrittrici insignite del Premio Nobel alla Letteratura.
La conversazione si terrà martedì 24 novembre, ore 21.00, presso Palazzo della Penna (Via Podiani, 11-Perugia).

SCRITTRICI DA NOBEL


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SCRITTRICI DA NOBEL

Selma Lagerlöf (1909)
“Per l’elevato idealismo, la vivida immaginazione e la percezione spirituale che caratterizzano le sue opere”
Nata a Mårbacka nel Värmland nel 1858 e morta nel 1940, destinata a diventare, da maestra elementare, prima donna Premio Nobel nel 1909 e prima donna a essere nominata fra gli Accademici di Svezia nel 1914, è forse la scrittrice svedese più nota e amata nel mondo. Dalla Saga di Gösta Berling (1891), censurata aspramente dalla critica positivista, al Viaggio meraviglioso di Nils Holgersson (1907), indiscusso capolavoro e grande successo editoriale che le valse una fama mai concessa ad alcun connazionale, le sue opere sono state tradotte, filmate, illustrate ovunque. Legata alla tradizione orale della sua terra, come a quella delle saghe e delle leggende värmlandesi raccontatele dalla nonna paterna negli anni dell’infanzia, resta uno dei più vivi esempi dell’arte scandinava per eccellenza: quella del raccontare.

La saga di Gösta Berling
Bello, giovane e alcolizzato, il sacerdote Gösta Berling è costretto a lasciare la sua parrocchia e a vivere di elemosina finché, a un passo dal suicidio, viene salvato dalla “Signora di Ekebù” e accolto nella sua stravagante comunità: un gruppo di dodici sedicenti “cavalieri” che trascorrono la loro esistenza al podere padronale tra amori, giochi e racconti. Nello splendido scenario naturale della regione svedese del Värmland si dipana una storia fatta di amori infelici e di slanci generosi, di degradazione e di redenzione, mentre su tutto domina la straordinaria figura della Signora: un tempo bella, innocente e innamorata dello spiantato Altringer, Margherita è stata costretta dai genitori a sposare un uomo che non amava e a vivere nell’ombra e nel peccato il suo vero amore. Ora, dopo la morte di Altringer, è ricca e sola, sovrana di un piccolo regno di ubriaconi sradicati e pieni di gioia di vivere. Saranno le trame del malvagio e avido Sintram a turbare questo mondo libero e isolato, ma proprio gli inganni intessuti per distruggere la Signora e i suoi cavalieri condurranno, infine, a una nuova e diversa gioia.

Grazia Deledda (1926)
“Per la sua ispirazione idealistica, scritta con raffigurazioni di plastica chiarezza della vita della sua isola nativa, con profonda comprensione degli umani problemi”
Scrittrice intensa e feconda, la sua fama si diffuse anche all’estero; nel 1926 le fu conferito il premio Nobel per la letteratura. La sua narrativa muove dal verismo a fondo regionale e folcloristico. Esordì giovanissima con novelle, pubblicate in modesti giornali e riviste; la prima notorietà le venne dal romanzo Anime oneste (1895), a cui seguirono La giustizia; Dopo il divorzio ristampato col titolo Naufraghi in porto; Elias Portolu; Cenere; L’edera, che presentano inconciliati i termini del dualismo tra il mondo del male e l’ansia del riscatto. Le novelle di Chiaroscuro (1912), i romanzi Colombi e sparvieri (1912) e Canne al vento (1913) segnano i vari gradi del processo di fusione tematica e stilistica, che culminerà nei romanzi e racconti del cosiddetto secondo periodo o maniera della Deledda (Il segreto dell’uomo solitario, 1921; Il Dio dei viventi, 1922; Annalena Bilsini, 1927; La vigna sul mare, 1932; Cosima, post., 1937; ecc.), che mostrano come la sua narrativa, affrancatasi ormai da ogni regionalismo, per certi aspetti partecipi (fra gli autori prediletti della Deledda, insieme con Verga e i romanzieri russi, ci fu sempre D’Annunzio) di quell’atteggiamento della sensibilità e del gusto che va sotto il nome di “decadentismo”.

Canne al vento
Nella casa di Pintor, Ruth, Noemi, Ester, discendenti da una famiglia nobile andata in rovina, il servo Efix con grande fatica riesce a conservare il decoro, coltivando l’ultimo podere rimasto. In passato una quarta sorella, Lia, era fuggita in continente e Efix era stato involontariamente causa della morte del padre che cercava di fermarla. Morta anche Lia, torna alla casa materna Giacinto, suo figlio, un giovane dissoluto che manda in rovina le zie. Noemi, legata da un ambiguo sentimento al nipote, rifiuta le nozze con don Predu a cui era stato venduto il podere. Efix che si era allontanato dalla casa da lui creduta maledetta per sua colpa, vi fa ritorno e muore il giorno stesso delle nozze tra Noemi e don Predu, avendo ritrovato la pace.

Nadine Gordimer (1991)
“che con la sua scrittura epica magnifica – nelle parole di Alfred Nobel – è stata di notevole beneficio all’umanità”
Nata nel Transvaal, in Sudafrica, si iscrive alla University of Witwatersrand dove segue i corsi del primo anno, ma interrompe gli studi senza diplomarsi; qui tocca con mano le barriere esistenti fra i giovani studenti bianchi e i neri anche nell’istruzione universitaria. In questi anni entra in contatto con l’African National Congress e inizia la sua lotta contro la discriminazione razziale. Negli anni sessanta e settanta insegna in alcune università degli Stati Uniti e si batte affinché il Sudafrica riesamini e ritratti la pluridecennale politica di apartheid. Molte delle sue opere affrontano la questione delle tensioni morali e psicologiche dovute alla segregazione razziale in atto nella sua patria. La sua prima pubblicazione è un breve racconto per bambini, The Quest for Seen Gold, apparso sul Children’s Sunday Express nel 1937. La sua prima raccolta, Faccia a faccia, è pubblicata nel 1949. Il primo romanzo The Lying Days, è pubblicato nel 1953. Fra i membri fondatori del Congress of South African Writers, Gordimer è stata premiata con numerosi titoli onorifici, dalla laurea Honoris Causa all’Università Cattolica di Lovanio, in Belgio al titolo di Commandeur de l’Ordre des Arts et des Lettres. Vincitrice del Booker Prize nel 1974 e del Premio Nobel per la letteratura nel 1991, nel 2002 le è stato conferito il Premio internazionale Primo Levi. Nel 2007 ha vinto il premio Grinzane per la letteratura. È stata inoltre insignita della Legione d’onore.

Racconti di una vita
Diciassette storie scritte tra il 1952 e il 2007, cinque decadi di racconti inediti in Italia, dove Nadine Gordimer dimostra ancora una volta l’uso sontuoso che fa della lingua e la sua capacità di guardare alla politica, alla sessualità e alla razza senza accondiscendenza e con immensa compassione. Che scriva di amanti, genitori e bambini o coppie sposate, Gordimer disegna la geografia delle relazioni umane con un acume psicologico affilatissimo e mancanza di sentimentalismo. Il suo essere radicata, a un momento politico, un luogo e una fede, non ha mai nuociuto al suo talento di artista: al contrario la sua scrittura si mette al servizio dell’umanità e diventa un memento potente dell’agonia vissuta in Sudafrica e un estremo tentativo d’intervento umano fra due fazioni di una società che sembra disperatamente divisa.

Toni Morrison (1993)
“che in racconti caratterizzati da forza visionaria e rilevanza poetica dà vita ad un aspetto essenziale della realtà statunitense”
Toni Morrison, premio Nobel per la letteratura nel 1993, è nata a Lorain, nell’Ohio, e vive a New York. È autrice di romanzi che sono ormai pietre miliari della letteratura americana, come: L’occhio più azzurro, Sula, L’isola delle illusioni, Canto di Salomone che nel 1978 ha ottenuto il National Book Critics Circle Award, Amatissima, vincitore del Premio Pulitzer nel 1988, Il dono e A casa. Con il figlio Slade Morrison, ha rivisitato la fiaba: Chi ha più coraggio? La formica o la cicala? Nel 2012 il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama le ha consegnato l’altissimo riconoscimento della Medal of Freedom.

Amatissima
Un romanzo di grande intensità, in cui si narra la vita di Sethe, una giovane e indomabile donna di colore che, negli anni precedenti alla Guerra Civile, si ribella alla propria schiavitù e fugge al Nord, verso la libertà. La sua vicenda si intreccia con quella di altri personaggi in un racconto che, “si insinua nei meandri del tempo, lasciando scaturire ora qua ora là il non detto, scaglie di ricordi troppo penosi per essere contenuti, dolorosi frammenti di memoria”. Con questo libro Toni Morrison ha voluto rivolgere un invito ai bianchi e agli afroamericani: “Tornare a quella parte della propria storia che troppi hanno rimosso, dimenticato, lasciato inspiegato, ignorato”.

Doris Lessing (2007)
“cantrice dell’esperienza femminile, che con scetticismo, fuoco e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa”
Nasce il 22 ottobre 1919 a Kermanshah, in Iran, da genitori inglesi. Nel 1925, la famiglia si trasferisce nella Rhodesia meridionale. Doris viene mandata a studiare prima in un convento e poi in una scuola femminile a Salisbury. Nel 1949 si trasferisce definitivamente a Londra. Nel 1954 prende posizione contro la supremazia dei bianchi in Rhodesia e Sud Africa. Nel 1995 riceve il James Tait Black Prize per il libro Sotto la pelle. La mia autobiografia (1919-1949), la Laurea ad Honorem dall’Università di Harvard e torna in Sud Africa per incontrare la figlia. Nel 1996 è nell’elenco per l’assegnazione del Nobel per la Letteratura, e nel 1997 in quello per il National Book Critics Circle Award nella categoria biografia/autobiografia con il libro Camminando nell’ombra. La mia autobiografia (1949-1962). Vince il Premio Nobel per la letteratura nel 2007.

Il taccuino d’oro
Un romanzo che rappresenta una sorta di ‘summa’ dei suoi temi, dei suoi problemi e delle sue suggestioni. La protagonista, Anna Wulf, non può esimersi dall’analizzare i mille motivi che costituiscono la sua vita, motivi di ordine politico, sociale e anche sessuale. Così gli spunti, i pensieri, gli eventi di cui il libro formicola, si raccolgono in quattro taccuini, di cui quello d’oro rappresenta un po’ la quintessenza: e il loro insieme dà luogo a una narrazione distesa e insieme concentrata e intesa, a una panoramica della vita di una donna intensamente partecipe del nostro tempo. E nel libro c’è un po’ di tutto: la minaccia atomica, i rifugiati politici nell’Africa Centrale, le barriere razziali, i rapporti dei genitori coi figli, spesso singolarmente conformisti e mancati suicidi, l’industria culturale, i rapporti degli uomini con gli uomini in un’atmosfera di fluttuante omosessualità, i rapporti delle donne con le donne, vagamente ambigui, e specialmente delle donne con gli uomini.

Alice Munro (2013)
“maestra del racconto breve contemporaneo”
Premio Nobel per la letteratura 2013, è la più importante autrice canadese contemporanea. È cresciuta a Wingham, Ontario. Ha pubblicato numerose raccolte di racconti e un romanzo. Fra i molti premi letterari ricevuti, per tre volte il Governor General’s Literary Award, il National Book Critics Circle Award, l’O. Henry Award e il Man Booker International Prize. I suoi racconti appaiono regolarmente sulle più prestigiose riviste letterarie. Fra le opere principali, Il sogno di mia madre (2001), Nemico, amico, amante… (2003), In fuga (2004), Il percorso dell’amore (2005), La vista da Castle Rock (2007 e 2009), Segreti svelati (2008), Le lune di Giove (2008), Troppa felicità (2011), Chi ti credi di essere? (2012), Danza delle ombre felici (2013), Uscirne vivi (2014) e Lasciarsi andare (2014).

Danza delle ombre felici
Quindici narrazioni di una quindicina di pagine ciascuna. Nel racconto Il cowboy della Walker Brothers è il rapporto tra padre e figlia a dominare i pensieri della bambina, fiera del privilegio di attraversare il territorio con un uomo disposto a portarla con sé, ma deciso a lasciarla sulla soglia del proprio mistero. Lo studio incomincia con queste parole: «La soluzione alla mia vita mi venne in mente una sera mentre stiravo una camicia». È la soluzione woolfiana della «stanza tutta per sé», nel cui quieto silenzio si dovrebbe poter rimediare la libertà necessaria alla scrittura. Ma un intruso cortese si intromette in quella solitudine come un pensiero molesto, come il tarlo di un’inadeguatezza e il presagio della futura domanda: Chi ti credi di essere? Quasi in risposta, Munro afferma che La pace di Utrecht fu «la prima storia che dovevo assolutamente scrivere», lo spartiacque artistico dopo il quale «mi resi conto che alcune cose dovevano essere scritte da me». Ad esempio la fuga, o meglio le molteplici fughe, da un mondo, da una lingua materna, che il morbo di Parkinson ha reso fonte di imbarazzo, dal dovere di esserci in conflitto con il desiderio di andare. Nel racconto, il conflitto si inscrive nelle vite parallele di due sorelle: Maddy, che è rimasta, e Helen, che ha fatto dell’andare via l’inizio di un affrancamento e la condanna a un ritorno inconsumabile. In Danza delle ombre felici l’anziana maestra di pianoforte Miss Marsalles si ostina a invitare le madri dei suoi allievi a un noioso saggio di fine corso. Il prestigio dell’insegnante si è andato ridimensionando come le case in cui abita, e quel rinfresco estivo ha ormai assunto i contorni di un rito doveroso e snervante. All’improvviso tuttavia accade che l’impensabile si manifesti con un inatteso scampolo di perfezione musicale. Lungi dall’essere salvifico, il modesto miracolo avrà come unico effetto quello di strappare il tessuto grigio di una comunità infeconda, ora turbata da un dono che è incapace di ricevere. (Susanna Basso)

Svjatlana Aleksievič (2015)
“per la sua opera polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”
Tradotta in più di venti lingue, è una delle maggiori giornaliste e scrittrici contemporanee. In Italia ha vinto il Premio Sandro Onofri per il reportage narrativo nel 2002. Nel 2013 ha vinto il prestigioso premio internazionale per la pace “Peace Prize of the German Book Trade”. Le sue opere più note sono Ragazzi di zinco e Preghiera per Černobyl’ . Nel 2015 ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura.

Preghiera per Černobyl’
La notte del 26 aprile 1986 una serie di esplosioni e il conseguente incendio distrussero il reattore e il fabbricato della quarta unità della centrale elettronucleare ucraina di Černobyl’. Lo scoppio rilasciò nell’atmosfera un’enorme quantità di materiale radioattivo che, in particolare, ricadde per il 70% sul suolo della vicina Bielorussia. Alcuni dati di questo “incidente”, il quale si configurò ben presto come un’immane catastrofe tecnologica, la più grave di ogni tempo e luogo, sono, per la sola Bielorussia: un quarto del territorio, sul quale vivono oltre due milioni di persone, contaminato; un quarto delle foreste e 1,8 milioni di ettari di terreni agricoli avvelenati dalla radioattività. Dopo i primi, reticenti, rapporti ufficiali, col passare degli anni sono apparsi anche in Urss, e poi nelle Repubbliche che ne hanno preso il posto, esaurienti analisi delle cause e responsabilità del disastro ed è stato celebrato l’eroismo dei vigili del fuoco, degli addetti della centrale, dei militari e della polizia, dei tecnici cosiddetti “liquidatori” (delle conseguenze dell’avaria) – tutte persone spesso mandate allo sbaraglio, senza adeguate direttive e cautele. Grazie a migliaia di articoli e decine di libri, fatti, nomi, cifre sono oramai noti. Il metodo di Svjatlana Aleksievič, spesso accostata a Kapuscinski come maestra del genere reportage narrativo, consiste nel raccogliere centinaia di interviste approfondite su un tema e di trasformarle in racconto avvincente. “Cernobyl’” scrive l’autrice, “è il principale contenuto del loro mondo. Esso ha avvelenato ogni cosa dentro di loro, e anche attorno, e non solo la terra e l’acqua. Tutto il loro tempo”.

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