Alon Altaras intervista Nava Semel – 27 gennaio, ore 17.00 Sala della Vaccara, Palazzo dei Priori

In occasione della Giornata della Memoria, un incontro importante organizzato dal Comune di Perugia in collaborazione con l’Associazione ItaliaIsraele e il Circolo dei lettori.

Nava Semel è nata nel 1954 a Tel Aviv, città in cui vive con il marito e i due figli gemelli, ed è cresciuta tra persone che parlavano lingue diverse (il tedesco, l’ebraico, l’yddish, l’inglese) e si dice convinta che a spingerla verso la scrittura sia stato il bisogno di decifrare i segreti e i misteri degli adulti. Per lei, infatti, uno scrittore «è qualcuno che ascolta ciò che non dovrebbe ascoltare, che guarda ciò che non dovrebbe vedere.». Nava Semel ha lavorato a lungo per la televisione e per la radio, e nel suo paese è nota non solo come romanziera per adulti e ragazzi, ma anche come autrice di teatro e poetessa.

Alon Altaras è nato a Tel Aviv nel 1960. È scrittore, poeta e traduttore. Ha pubblicato in Israele tre romanzi, La vendetta di Maricika (1999), Il vestito nero di Odelia (2002), Nostro figlio (2009), e quattro libri di poesia. Ha tradotto in ebraico, tra gli altri, Tabucchi, Ginzburg, Landolfi, Leopardi, Pasolini, Gramsci, De Luca, Sanguineti, Merini. Dal 2003 al 2008 ha insegnato letteratura e lingua ebraica all’Università di Siena. In Israele ha ricevuto il prestigioso Premio del Primo Ministro per la Letteratura (2001) e, in Italia, il Premio Nazionale per la Traduzione del Ministero per i Beni e le Attività culturali (2003) per il contributo alla diffusione della letteratura italiana in Israele

 

E il topo rise Atmosphere Libri

Il libro ha a a che fare con gli orrori dell’Olocausto e con la comprensione della natura umana, con la necessità di dimenticare per sopravvivere, e con la necessità di ricordare, comunque. Cinque capitoli, cinque piani narrativi diversi (storia, leggenda, poesia, fantascienza e diario): E il topo rise è un eccellente esperimento letterario, dove s’intrecciano sapientemente presente, passato e futuro. A Tel Aviv, ultimo giorno del 1999, un’anziana donna ebrea narra alla nipote le sue terribili esperienze infantili durante l’Olocausto. All’età di cinque anni, per sottrarla alla deportazione, viene affidata dai genitori a una famiglia di contadini di uno sperduto villaggio polacco, che l’accolgono non certo per solidarietà ma dietro compenso economico. Per un anno intero la piccola rimane nascosta nel buio e nel silenzio di un pozzo, con poco cibo e ripetutamente violentata dal figlio dei contadini. Ha come unico compagno un topo. Quando i genitori della bambina non possono mandare più soldi, la moglie del contadino la porta dal parroco del paese, istigandolo a ucciderla. Ma padre Stanislaw, rischiando la vita, la nasconde nella sua chiesa e la salva. La nipote, il giorno dopo, siamo già nel 2000, racconta all’insegnante la storia della nonna sotto forma di favola, “La bambina e il topo”. Da allora in poi la favola diventa mito, anche attraverso Internet, e nel 2099 grazie agli studi di un’antropologa alla ricerca dell’origine di questa leggenda, ritroviamo il diario di padre Stanislaw, che ha affidato alla scrittura il compito di ricordare. Prefazione di Furio Colombo.

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