Valerio Magrelli, La vicevita

Valerio Magrelli, La vicevita

“Bellissimi i vagoni, vuoti e caldi, d’estate, specie in curva, deserti, tintinnanti, parabolici. Soprattutto quando c’erano ancora gli scompartimenti, e non si poteva avere uno sguardo immediato e completo su tutti i viaggiatori presenti. Scoprire poco a poco, come nella raggiera di un mazzo di carte che si dischiude lento, d’essere soli, soli come può essere un asso di cuori in mezzo a semi neri, fiori, picche. Un po’ di timore, all’inizio, sporgendosi dalla soglia. Proprio nessuno? No. E allora sentirsi portare leggeri, in quello scatolone sussultante e sonoro, mentre luglio ci aspetta, entra l’aria rovente, si gonfiano i tendaggi, il postiglione suona e la carrozza corre nella luce.” Pendolari all’alba, compagni di cuccette, giocatori di carte, conoscenti e sconosciuti, controllori, abusivi senza biglietto, paesaggi dietro finestrini, stazioni desolate, errori di destinazione, ritardi, deviazioni, soste forzate sotto caldi roventi, locomotive moribonde assediate dalla neve, scompartimenti vecchio stile e treni ipermoderni, e poi ricordi, storie, poetiche leggende. È un viaggio nel cuore di un poeta, questo libro che procede per fotogrammi. Nella parola musicale di Valerio Magrelli, vagoni di ogni genere e assortita umanità si intrecciano in una misterioso valzer ferroviario: “ta-tàm / ta-tàm / ta-tàm. Mi ritrovai cullato dal rimbombo del treno, quella scansione indimenticabile, inesorabile, inconfondibile.

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