Ad aprile una discussione dedicata interamente a Italo Calvino. Aperte le votazioni

Un libro (io credo) è qualcosa con un principio e
una fine (anche se non è un romanzo in senso stretto),
è uno spazio in cui il lettore deve entrare, girare, magari perdersi,
ma a un certo punto trovare un’uscita, o magari parecchie uscite,
la possibilità di aprirsi una strada per venirne fuori.

Italo Calvino
(da una conferenza tenuta il 29 marzo 1983 alla Columbia University di New York)

Nel mese di aprile, abbiamo deciso di dedicare una discussione a Italo Calvino, intellettuale di grande impegno politico, civile e culturale, uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento.
Calvino ha seguito molte delle principali tendenze letterarie a lui coeve, dal Neorealismo al Postmoderno, ma tenendo sempre una certa distanza da esse e svolgendo un proprio personale e coerente percorso di ricerca. Di qui l’impressione contraddittoria che offrono la sua opera e la sua personalità: da un lato una grande varietà di atteggiamenti che riflette il vario succedersi delle poetiche e degli indirizzi culturali nel quarantennio fra il 1945 e il 1985; dall’altro, invece, una sostanziale unità determinata da un atteggiamento ispirato a un razionalismo più metodologico che ideologico, dal gusto dell’ironia, dall’interesse per le scienze e per i tentativi di spiegazione del mondo, nonché, sul piano stilistico, da una scrittura sempre cristallina e a volte, si direbbe, classica.

Sarà il prof. Massimiliano Tortora, docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università degli Studi di Perugia, a coordinare la discussione che si terrà a Palazzo della Penna, giovedì 21 aprile alle ore 21.00.

Il mondo di Italo Calvino

  • Le città invisibili (35%)
  • Se una notte d’inverno un viaggiatore (31%)
  • I nostri antenati (Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente) (12%)
  • Il sentiero dei nidi di ragno (11%)
  • Il Castello dei destini incrociati (10%)
  • Palomar (2%)
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Il sentiero dei nidi di ragno
Pubblicato nel 1947 e ambientato in Liguria all’epoca della seconda guerra mondiale e della Resistenza partigiana, è il primo romanzo di Italo Calvino. Nonostante una certa propensione per la dimensione fantastica, determinata dal fatto che gli eventi vengono narrati attraverso il punto di vista di un bambino, può ascriversi alla corrente neorealista. Il libro racconta la storia di Pin, un ragazzino di circa 10 anni orfano e con una pessima reputazione, e delle sue vicissitudini al tempo della lotta partigiana. Il ragazzo ha frequenti scontri con la sorella che intrattiene dubbie relazioni con i soldati tedeschi e viene addirittura messo in prigione per aver rubato una pistola. Riuscito ad evadere dal carcere si rifugia nel suo magico luogo segreto: un sentiero dove i ragni fanno i nidi. E’ qui che, dopo averne passate di tutti i colori, Pin si illude di aver trovato, in un partigiano chiamato Cugino, l’amico sempre cercato e col quale dividere il proprio universo di sogni e di illusioni.

Le città invisibili
Questo romanzo fa parte del periodo combinatorio dell’autore, dove è evidente l’influenza della semiotica e dello strutturalismo. Nella letteratura combinatoria, centrale diventa il lettore, che si trova a “giocare” con l’autore, nella ricerca delle combinazioni nascoste nell’opera e nel linguaggio. Il punto di partenza di ogni capitolo è il dialogo tra Marco Polo e l’imperatore dei Tartari, Kublai Khan, che interroga l’esploratore sulle città del suo immenso impero. Marco Polo descrive città reali, immaginarie, frutto della sua fantasia, che colpiscono sempre più il Gran Khan. Il libro è costituito da nove capitoli, ma c’è un’ulteriore divisione interna: ognuna delle 55 città è divisa in base a una categoria, 11 in totale, dalle “città e la memoria” alle “città nascoste”. Il lettore ha quindi la possibilità di “giocare” con la struttura dell’opera, scegliendo di seguire un raggruppamento o un altro, la divisione in capitoli o in categorie, o semplicemente saltando da una descrizione di città a un’altra. Calvino stesso ha affermato che non c’è una sola fine delle Città invisibili perché “questo libro è fatto a poliedro, e di conclusioni ne ha un po’ dappertutto, scritte lungo tutti i suoi spigoli”.

Il Castello dei destini incrociati 
Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1969, nel volume Tarocchi – Il mazzo visconteo di Bergamo e New York. Nell’intrecciarsi delle vicende e dei personaggi è possibile riconoscere con chiarezza riferimenti a precedenti testi letterari, primo fra tutti l’Orlando furioso, che fu a lungo oggetto di studio e di rielaborazione da parte di Calvino. L’opera si divide in due, il Castello e la Taverna, anche se entrambe le parti hanno un antefatto comune. Diversi viandanti, attraverso un bosco, raggiungono un/a Castello/Taverna. Qui si trovano a banchettare, ma si rendono conto di aver perso l’uso della parola. Non sono sordi: sentono il rumore dei piatti e delle posate, sentono il cibo che viene masticato. Eppure nessuno di loro riesce a parlare. A fine pasto, il Castellano/Taverniere sparecchia e poggia un mazzo di tarocchi al centro del tavolo. Subito parte l’idea di raccontare le proprie storie attraverso l’uso di quelle carte. Tutti i racconti sono legati gli uni agli altri dalle stesse carte già posate sul tavolo, s’intrecciano pur raccontando di eventi, luoghi e storie completamente distanti. E la particolarità è che, “narrata” una storia – e interpretata in modo del tutto individuale – è possibile sviare da quel percorso narrativo per seguire nuove strade, nuove storie. È possibile, in un certo senso, leggere anche una stessa storia al contrario, partendo dal tarocco finale, raccontando tutt’altra cosa. è questo ciò che sembra dire Orlando – anche lui avventore – nel raccontare le sue vicende quando, appeso per i piedi, esclama: «Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge all’incontrario. Tutto è chiaro».

Palomar
Palomar, dapprima in vacanza, poi in città ed infine immerso nei suoi silenzi, conduce per mano il lettore illustrandogli un nuovo metodo di approccio al mondo. Influenzato certamente dalla poetica osservativa di Francis Ponge, Calvino dà a Palomar non la capacità di guardare, bensì la voglia di farlo. Ed è attraverso le sue osservazioni forzate fino al più piccolo particolare che Calvino conduce il lettore verso aspetti diversi dell’esistenza: dalla più banale delle cose, come il riflesso del sole sul mare, sino ai più affascinanti misteri quali le iscrizioni tolteche a Tula in Messico. Palomar ha una moglie ed una figlia girovaga per il mondo, non ha molta familiarità con la specie umana, non sembra avere molti conoscenti e ha il vizio di non parlare; è insomma, un taciturno e un solitario, più portato alla riflessione che allo scambio.

I nostri antenati (Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente)
La trilogia è costituita dai romanzi Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957) e Il cavaliere inesistente (1959). In occasione della traduzione inglese di Archibald Colquhoun (1980), Calvino scrisse: “Il racconto nasce dall’immagine, non da una tesi che io voglia dimostrare; l’immagine si sviluppa in una storia secondo una sua logica interna; la storia prende dei significati, o meglio intorno all’immagine s’estende una serie di significati che restano sempre un po’ fluttuanti, senza imporsi in un’interpretazione unica e obbligatoria. Si tratta più che altro di temi morali che l’immagine centrale suggerisce e che trovano un’esemplificazione anche nelle storie secondarie: nel Visconte storie d’incompletezza, di parzialità, di mancata realizzazione d’una pienezza umana; nel Barone storie d’isolamento, di distanza, di difficoltà di rapporto col prossimo; nel Cavaliere storie di formalismi vuoti e di concretezza del vivere, di presa di coscienza d’essere al mondo e autocostruzione d’un destino, oppure d’indifferenziazione dal tutto”.

Se una notte d’inverno un viaggiatore
Un viaggiatore, una piccola stazione, una valigia da consegnare a una misteriosa persona… Da questa premessa si possono snodare innumerevoli vicende, ma sono dieci quelle che l’autore propone in questo sorprendente e godibilissimo romanzo.
“E’ un romanzo sul piacere di leggere romanzi: protagonista è il lettore, che per dieci volte cominica a leggere un libro che per vicissitudini estranee alla sua volontà non riesce a finire. Ho dovuto dunque scrivere l’inizio di dieci romanzi d’autori immaginari, tutti in qualche modo diversi da me e diversi tra loro.” (Italo Calvino)

 

 

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