Concita De Gregorio, Malamore. Esercizi di resistenza al dolore

Una delle prime cose che Concita De Gregorio ci dice, nell’introduzione, è che “Malamore”, contrariamente a quanto molti pensano, non è un libro sulla “violenza domestica”, bensì una raccolta di storie che gira attorno a un altro argomento, speculare alla violenza domestica: il motivo per cui, in un’epoca di donne intelligenti ed emancipate, donne che, dice l’autrice, “potrebbero aspirare a fare l’astronauta e non la moglie, che non dovrebbero aver bisogno dei soldi e della tutela di nessuno”, queste stesse donne sono disposte a sopportare, senza ribellarsi, la violenza maschile.

Concita De Gregorio non ci pone però di fronte a storie ordinarie. Ci racconta fiabe, film, fumetti e storie di donne famose. C’è la fiaba di Barbablù, quella della Rateta (riportata nella citazione iniziale), la storia della maga Circe. Si parla de “La sposa cadavere” di Tim Burton, di Eva Kant (la coraggiosa fidanzata di Diabolik), di Artemisia Gentileschi e di Dora Maar.
Il suo stile è semplice, chiaro, privo di frivolezze e straordinariamente diretto.
E’ un libro, in fin dei conti, breve e facile da leggere. Poco tecnico, nonostante l’argomento trattato. Eppure il contenuto è così denso di significato e  così vero, che capita spesso di soffermarsi a pensare. A riflettere su come sia possibile accettare ancora oggi, nonostante tutto, di credere che le donne abbiano il dovere di sopportare.
E’ una concezione, quella di Concita De Gregorio, che si può condividere o meno. Spesso è quasi provocatoria in quel suo dipingere la cruda realtà in cui vive ogni donna, di qualsiasi età, professione e ceto. Così provocatoria che può urtare un po’. Ma aiuta a riflettere e a guardare con occhi diversi le nostre mamme, le nostre sorelle, le nostre amiche.

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